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Mont Gelé, da Ru

giancarloberetta

A cura di:

Ultimo rilievo: 27/06/2011
Difficoltà
F
Lunghezza
19.00 Km
Quota di partenza
1690 m
Altezza di arrivo
3522 m
Dislivello positivo
1832 m
Tempo di andata
06h00'
Tempo di ritorno
04h00'
Periodo consigliato

Accesso

Lasciata l'autostrada A5 alla barriera di Aosta Est svoltare a destra ed imboccare la superstrada E27 da seguire per 8,4 chilometri. Giunti a Signayes svoltare a destra sulla Strada regionale SR28 seguendo le indicazioni per Bionaz/Laravoire. Superare una rotonda e proseguire sulla strada regionale SR28 lungo tutta la Valpelline. Attraversare gli abitati di Valpelline ed Oyace sino a raggiungere, dopo circa 27 chilometri, la località Dzovennoz. Svoltare a sinistra seguendo le indicazioni Chez Leo Merloz Ru, Ley Cretes. Risalire la stradina comunale per 1,3 chilometri sino a giungere nel parcheggio 🅿️ gratuito che precede il villaggio di Ru.

[0h39’] - [29,2km
Come arrivarci con GMaps
Come arrivarci con Apple Maps

Le indicazioni qui fornite sono state verificate alla data del rilievo dell’itinerario. Prima di partire è opportuno accertarsi che non siano sopraggiunte variazioni sostanziali sul percorso di accesso al punto di partenza. Pertanto,  per ottenere indicazioni stradali aggiornate e dettagliate, consigliamo l’utilizzo delle app per la navigazione satellitare fornite da Google o Apple.

Introduzione

Il Mont Gelé si trova proprio davanti al massiccio del Grand Combin nell'alta Valpelline e con la sua sagoma slanciata si protende come una balconata dalla quale il panorama è semplicemente eccezionale sulle più importanti vette dell'arco alpino, italiano e svizzero, e delle prealpi per un arco completo di 360°. L'avvicinamento al colle del Mont Gelè, da dove inizia il ghiacciaio, si svolge per la gran parte su lunghe e ripide morene peraltro ben segnate da qualche bollo giallo e da una buona traccia mentre, oltre il colle, la progressione si fa più piacevole e, nella parte delle roccette, anche divertente e molto panoramica; proprio per la sua facilità tecnica, la lunghezza e la completezza di fattori (sentiero, morene, ghacciaio e roccette) è particolarmente adatto a chi si vuole avvicinare al mondo alpinistico.

Descrizione

Dal parcheggio ci si dirige verso le poche case superandole e continuando sulla strada poderale che si alza con dolci tornanti sulla fiancata boschiva della montagna; dopo qualche tornante si trova sulla sinistra il sentiero indicato da bolli gialli che, compiendo numerose svolte, taglia la poderale in più punti. Dopo aver incrociato più volte la strada si trovano ora dei bolli gialli ben visibili su un sasso (1839 m) che ci indicano la direzione di salita del sentiero il quale, con un tratto in falsopiano, attraversa una piccola frana di sassi raggiunge le baite di Primo(1892 m); da queste si risale ancora alla sinistra col sentiero che in breve raggiunge di nuovo la strada per percorrerla brevemente arrivando, nei pressi di una curva, a riprenderlo indirizzandosi verso delle piccole opere idriche. Senza raggiungerle si devia a sinistra incrociando poco sopra di nuovo la strada dove, proprio di fronte, si alza una evidente traccia non segnalata, una comoda scorciatoia ,che rimonta un largo pendio erboso-detritico al termine del quale si ritrova il sentiero per il rifugio (2253 m). Svoltando a sinistra lo si percorre contornando a mezzacosta la fiancata della montagna sino ad incrociare un'altra traccia (2286 m), che si trascura, percorrendo l'ultimo tratto che raggiunge una marcata dorsale sopra alcuni paravalanghe; ora camminando brevemente su di essa si raggiunge il piccolo spiazzo dove è situato il rifugio. Da questo si sale sul sentiero che, partendo col segnavia su un sasso proprio davanti all'ingresso, si dirige verso destra risalendo le basse alture erbose che si addentrano nel piccolo vallone; all'inizio si cammina comodamente su fondo terroso per poi salire su pietre e terriccio con percorso però sempre evidente e segnalato. Ci si dirige verso la parte alta dove si trova una bastionata rocciosa la cui base si raggiunge deviando a destra ad un bivio (2500 m) con bolli ben evidenti su un sasso e poi si inizia a risalirla, sempre sul lato destro, con numerosi ripidi tornanti che fanno guadagnare subito quota. Quando la pendenza diminuisce si arriva al grande pianoro detritico denominato Plan de la Sabla dove si prosegue seguendo qualche ometto per poi attraversare a sinistra nel suo punto migliore i vari rigagnoli che scendono dai nevai soprastanti; proseguendo verso il fondo del pianoro si giunge ad un grosso masso (2611 m) dove, seguendo le indicazioni dei bolli verniciati su di esso, lasciamo il sentiero che prosegue diritto e, svoltando a sinistra, ci dirigiamo verso una grande morena. La sua risalita si fa subito faticosa sia per la qualità del terreno che per la pendenza accentuata e la si percorre su una traccia ben evidente, con qualche bollo giallo sui sassi, che con numerosi tornanti ci porta quasi alla sommità dove si devia a destra per prendere la ripida dorsale di un'altra morena. In seguito, diminuendo un poco la pendenza, ci si addentra in un vallone selvaggio ben indirizzati da ometti di pietre che ci indirizzano verso i bassi nevai alla base del piccolo ghiacciaio dell'Arolletta; qui le vie di salita possono variare sia a seconda dell'innevamento sui pendii che dalle tracce esistenti e comunque di solito si tiene un po' la destra per raggiungere un'altra bassa dorsale morenica dalla quale si imbocca un largo canale di neve. Si sale con pendenze variabili, ma mai eccessive, alternando qualche breve tratto pietroso agli scivoli dei nevai coi quali si raggiunge, un po' più a destra del Col du Mont Gelè, un alto ometto di pietre (3190 m) situato sulla dorsale spartiacque col vallone che sale dal bivacco Regondi e quindi dal vallone di Ollomont: da questo punto è ben visibile la parte alta dell'itinerario che, contornando il ghiacciaio del Mont Gelè, raggiunge le roccette finali. Da questo punto si prosegue in leggera pendenza camminando tra i sassi della dorsale per andare a prendere il margine del ghiacciaio sotto una rocciosa punta triangolare; rimanendo in alto si prosegue contornandolo vicino alle rocce della lunga cresta; quando questa si abbassa ad un piccolo colletto si devia a destra per mettere piede sulle poco pronunciate roccette della parte finale della cresta. Rimanendo sul versante del ghiacciaio del Mont Gelè si risale la cresta con facili passaggi, mai obbligati, tra grossi massi, terriccio friabile e qualche piccolo nevaio che in breve portano alla grande croce lignea posta sulla panoramica vetta.

Galleria fotografica

© 2021 - Giancarlo Beretta
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Ci siamo stati

andream

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Mont Gelé, da Ru
domenica 16 giugno 2024

Mont Gélé, da Ruz

Da parecchio tempo avevo in animo di salire sul Mont Gelé. Non sapevo però se occorresse pernottare al Rifugio o se si potesse compiere l'ascensione in giornata, quindi sono partito senza prefissare un obiettivo particolare. Quel giorno non si poteva salire al Rifugio di Crêteseche partendo da Ruz poiché la strada per arrivare fino lì era stata riservata alla Corsa dei Tzarettouns, pertanto ho dovuto passare da Chez les Chenaux lasciando l'auto qualche centinaio di metri prima di Gran Rond a quota 1800 m. slm. Devo dire che la salita al Rifugio passando da questa parte è forse più comoda essendo meno ripida, ma anche più piacevole poiché si attraversano dei bei boschi e un bell'alpeggio. Partito di buon'ora non mi sono neanche fermato al Rifugio per non perdere tempo e ho tirato dritto fino al Bivacco Spataro laddove ho sostato un attimo per un breve ricordo (da qualche tempo all'interno, oltre alla foto del giovane Spataro cui il Bivacco è intitolato, compare anche la foto del fratello Remo perito sotto una slavina di neve nel 1998). Oltre il Bivacco ho percorso il Plan de la Sabla in direzione del Colle di Crête Sèche e puntando verso il conoide che scende sul lato destro orografico (a sinistra salendo) ed incontrando ad un certo punto un bivio con le due indicazioni scritte su una pietra: • Colle di Crête Sèche • Mont Gelé Ho scelto senza esitazione la seconda e mi sono inerpicato sul conoide che diviene sempre più ripido fino a che il sentiero si perde in corrispondenza di una evidente strozzatura (direzione Ovest). A questo punto mi sono portato sulla destra (salendo) e ritrovando, fra le roccette lisce, il sentiero che punta ripido verso una sovrastante roccia con un grosso triangolo giallo segnavia visibile dal basso. All'uscita della strozzatura mi sono trovato di fronte a quella che una volta era la sede del Ghiacciaio dell'Aroletta e che ora è una morena di sassi e pietra nella parte inferiore e pianeggiante, mentre più in alto, laddove è più ripida, è dominata da rocce lisce. Il ghiacciaio si è invece ridotto a coprire solamente la spalla de l'Aroletta. Da questo punto ho proseguito verso il Col du Mont Gelé ben evidente davanti a me e raggiunto seguendo esclusivamente gli ometti in pietra uno dopo l'altro poiché non c'era più traccia di sentiero, attraversando di tanto in tanto qualche piccolo nevaio residuo. Arrivato al Col du Mont Gelé e dato uno sguardo all'intorno scattando alcune foto sono ripartito subito calzando dopo un centinaio di metri i ramponi per salire sul ghiacciaio sottostante la cima. Non avevo con me la piccozza ma mi sono servito molto bene dei bastoncini da trekking. Salendo ho notato come il ghiaccio avesse, sotto qualche centimetro di neve, un colore marrone-nero come la liquirizia e come ci fossero in alcuni punti delle sottili fenditure. Mano a mano che mi avvicinavo alle rocce sottostanti la cima notavo alcune persone che, a gruppetti di due-tre, le salivano attaccandole da punti diversi. Io mi sono portato in un punto che mi permetteva di imboccare una cengia obliqua senza dover necessariamente arrivare alla crepaccia terminale del ghiacciaio. Mentre mi toglievo i ramponi ho riscontrato che il tempo, magnifico per tutta la gran parte della mattinata, stava peggiorando notevolmente con vento freddo e nuvoloni neri. Queste condizioni mi hanno fastidiosamente accompagnato lungo la salita alla cima; quasi alla fine ho dovuto fermarmi per lasciare scendere un gruppo di svizzeri, uomini e donne alcune delle quali un po' incapaci e inesperte. Gli uomini sembravano tuttavia muoversi bene e sicuri anche nell'aiutarle e nell'accompagnarle. Proprio mentre raggiungevo la cima cominciava a nevicare ed in quel momento la gioia della conquista è stata sopraffatta dalla preoccupazione, quindi ho affrettato il saluto ad una coppia di toscani, ho dato uno sguardo veloce al panorama che in altre condizioni poteva essere grandioso e bellissimo, ho scattato poche foto e ho cominciato a scendere il più in fretta possibile. Soprattutto sul ghiacciaio ho cercato di fare in fretta poiché assieme alla neve scendevano dietro di me anche le nuvole e pensavo alla poca visibilità che ci sarebbe stata specialmente lungo le rocce lisce della morena sotto il Col du Mont Gelé. Ancora sul ghiacciaio ho raggiunto la comitiva svizzera rimanendo colpito dalla apparente calma e lentezza delle loro operazioni, ad es. al momento di togliere i ramponi, mentre io avevo fretta di scendere. Ad un certo punto questa fretta mi ha fatto sbagliare strada in mezzo alle rocce lisce, le quali erano già diventate bagnate e pericolose a causa della neve che scendeva: me ne sono accorto perché non mi sembrava di essere passato in quel punto al momento della salita. Sono pertanto risalito fino all'ultimo ometto lasciato per strada e da lì ho ritrovato la via giusta avendo intravisto le mie tracce precedentemente lasciate salendo obliquamente lungo un nevaio. Più scendevo più la visibilità diminuiva e più pensavo agli svizzeri ma io dovevo continuare fidandomi dei provvidenziali ometti che incontravo uno ad uno, fino alla fine della morena del Ghiacciaio dell'Aroletta cioè all'inizio della strozzatura dove si poteva riprendere il sentiero. Più sotto, quasi ritornato al Plan de la Sabla, la neve aveva lasciato il posto ad una fitta pioggia ed anche ad una migliorata visibilità, ma ormai il brutto era passato…..e, guardando indietro, avevo nuovamente rivisto gli svizzeri che avevano cominciato la discesa non lungo la strozzatura ma in corrispondenza di un'altra pietraia che comunque li avrebbe portati tranquillamente a valle…tutto bene! Anche in questo caso non ho sostato al Rifugio, ho continuato celermente fino all'auto alla quale sono arrivato bagnato fradicio a causa della continua pioggia. 

Tabella di marcia Località Quota Dislivello Partenza Arrivo Natura del percorso Grand Rond 1800 m h 6.30 Sentiero Rifugio Crête Sèche 2410 m Salita610 m h 8.00 h 8.00 Sentiero e pietre Bivacco Spataro 2610 m Salita 200 m h 8.45 h 8.50 Sentiero e pietre. Prima lungo il Plan de la Sabla e poi, piegando verso sinistra, lungo una evidente ripida strozzatura Uscita dalla Strozzatura 2980 m Salita 370 m h 10.30 h 10.40 Pietraia e roccette (residuo di morena) Col du Mont Gelé 3144 m Salita 164 m h 11.30 h 11.40 Ghiacciaio e roccette nella parte terminale Cima 3518 m Salita 374 m h 12.30 3518 m h 12.40 Come sopra all'inverso Grand Rond 1800 m Discesa 1718 m h 16.15 Galleria fotografica Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Bivacco Spataro e Vierge de l'Aroletta Plan de la Sabla Plan de la Sabla Salendo verso la strozzatura Sguardo indietro al Plan de la Sabla Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Berlon All'uscita della strozzatura Becca di Faudery Becca di Chardoney Ghiacciaio de l'Aroletta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Il ghiacciaio del Mont Gelé Panorama sulla conca di By Il bacino di Mauvoisin In vettaMont Gelé (3518 m) Autore: Andrea Motta * Altre escursioni dello stesso autore Nessun Commento Non c'è stato nessuno Ultima modifica: 19.03.07 Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Mont Gelé (3518 m) - © 2005 Andrea Motta Scheda dell'escursione Tipo itinerario: a/r Difficoltà Tecnica : Alpinistico Facile (F) - ghiacciaio Sforzo Fisico: Medio (il percorso è abbastanza lungo con tratti di sfasciume, roccia, nevaio e ghiacciaio) Pericoli oggettivi: Basso Segnavia: Sentiero N° 2 Attrezzatura: Ramponi, piccozza, corda Tempo complessivo: 9h35' Tempo di salita: 6h00' Tempo di discesa: 3h35' Quota alla partenza: 1724 m Quota all'arrivo: 3518 m Dislivello: Salita 1974 m Max quota raggiunta: 3518 m Esposizione: Sud, Est Periodo consigliato: luglio, agosto, settembre Bibliografia: * L.Zavatta, Gran San Bernardo, Valpelline e Conca del Fallère, Rimini, 2004 * G. Buscaini, Alpi Pennine I, Guida dei Monti d'Italia, CAI e TCI, Milano, 1970 Cartografia: * L'Escursionista Editore – Valpelline e Saint-Barthélemy - Carta dei sentieri 6– scala 1 : 25.000 

ermanno

A cura di:

Mont Gelé, da Ru
giovedì 01 agosto 2013

Mont Gelé

desiderio appagato dopo anni. Giornata magnifica. Saliti direttamente dal canalino nevoso sino in vetta, discesi per la più sicura via su roccette. Una menzione al Rifugio Crête Sèche e ai due gestori che ci hanno attribuito un'accoglienza fuori dal comune. Mai mangiato pane fresco fatto in rifugio, per non parlare del resto della cena.desiderio appagato dopo anni. Giornata magnifica. Saliti direttamente dal canalino nevoso sino in vetta, discesi per la più sicura via su roccette. Una menzione al Rifugio Crête Sèche e ai due gestori che ci hanno attribuito un'accoglienza fuori dal comune. Mai mangiato pane fresco fatto in rifugio, per non parlare del resto della cena.
giancarloberetta

A cura di:

Mont Gelé, da Ru
lunedì 27 giugno 2011

Mont Gelé

Pochissimo rigelo notturno, e solo in quota, per cui la salita si è svolta su neve portante mentre per la discesa si sfondava sempre più a mano a mano che si scendeva. Con queste temperature sono da preferire le roccette alla salita diretta per lo scivolo sotto la vetta che, già al mattino presto, era al limite e proseguendo con questo clima la situazione non può che peggiorare. Giornata dal meteo spaziale con visibilità perfetta a 360° sulle vette circostanti. Brava Stefania per la sua prime vetta alpinistica salita senza problemi in compagnia di Vittorio. Una nota di merito al gestore del rifugio che offre ottima ospitalità e cena altrettanto ottima e abbondante (anche con "bis"). Avvistamenti faunistici: Rupicapra rupicapra, Capra ibex
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