Il “dottor Grappein”, così è passato alla storia, nacque a Cogne e, come sovente accadeva all'epoca soprattutto in Valle d'Aosta, fu indirizzato agli studi ecclesiastici. In questo caso, però, la non-vocazione fu prevalente ed egli si rivolse allo studio della medicina, laureandosi il 21 maggio 1804. Da allora il dottor Grappein esercitò fino alla morte il mestiere di medico a Cogne, sovente a titolo gratuito per venire incontro agli strati più miserevoli della popolazione.
Il “dottor Grappein”, così è passato alla storia, nacque a Cogne e, come sovente accadeva all'epoca soprattutto in Valle d'Aosta, fu indirizzato agli studi ecclesiastici. In questo caso, però, la non-vocazione fu prevalente ed egli si rivolse allo studio della medicina, laureandosi il 21 maggio 1804. Da allora il dottor Grappein esercitò fino alla morte il mestiere di medico a Cogne, sovente a titolo gratuito per venire incontro agli strati più miserevoli della popolazione.
Ma la memoria che di lui ancora si conserva è legata alla sua attività di pubblico amministratore ed in particolare alla gestione delle miniere di ferro. Era infatti un convinto assertore del principio secondo il quale gli imprenditori forestieri non erano portatori di benefici per la comunità, badando in primo luogo al loro personale guadagno. Organizzò così uno sfruttamento comunitario dei giacimenti, utilizzando solo manodopera locale e ripartendo gli utili in modo egalitario a tutta la popolazione del paese, bambini compresi. Inutile dire che ciò gli attirò l'odio della classe borghese ed industriale, dai quali si difese attraverso diversi scritti furiosamente polemici giunti fino a noi.
Tra le sue ulteriori intuizioni in materia di sviluppo sociale si ricorda la necessità dell'istruzione di massa come rimedio contro la miseria e l'illegalità: l'istruzione avrebbe dovuto essere pubblica, libera (nel senso di non mono-confessionale) ed esercitata in classi poco numerose (al contrario di quanto avveniva all'epoca) per permettere di seguire meglio i fanciulli; infine i maestri avrebbero dovuto essere retribuiti con uno stipendio all'altezza del loro delicato compito (altra cosa che contrastava con la realtà dei fatti).
Fu per molti anni sindaco del paese ed in questa sua funzione fu propugnatore di un'amministrazione locale elettiva, se non a suffragio universale, almeno che rappresentasse la volontà di ogni capofamiglia: all'epoca vigeva invece un rigido principio di censo. Infine le cariche pubbliche avrebbero dovuto essere di corta durata.
Lottò specificatamente contro la miseria imperante e ne individuò le cause nella povertà della terra, poco adatta all'agricoltura, nella leva obbligatoria che sottraeva le migliori forze lavoro (e sovente le vite vere e proprie dei coscritti) e nella presenza delle taverne come unico svago possibile, con il suo inevitabile corollario di alcolismo diffuso. Il lavoro per tutti gli appariva dunque come la principale fonte di riscatto sociale e per questo rifiutò di affidare gli “appalti” comunali a delle imprese esterne, ma si avvalse sempre di concittadini appositamente reclutati e retribuiti. Tra questi lavori si ricorda il suo tentativo di migliorare le comunicazioni dirette con il vicino versante piemontese, al fine di incentivare il commercio e reperire merci a prezzi più contenuti. Realizzò inoltre cinque canali irrigui per sostenere l'agricoltura, anche se egli era fautore dell'abbandono dei terreni meno produttivi per trasformarli in pascoli, in virtù di un più favorevole rapporto lavoro-resa, (ma su questo punto si scontrò con l'ostinazione dei compaesani).