Monte Cistella

Ritratto di ivan
ivan
0 votes
+
Vote up!
-
Vote down!
Quota di partenza: 
1 990 m
Quota di arrivo: 
2 880 m
Dislivello: 
890 m
Tempo di salita o complessivo*: 
3h30'
Tempo di discesa: 
2h30'

Introduzione

Quando da Domodossola si guarda verso l’alta Val D’Ossola e la diramazione tra la Val Formazza e la Val Divedro, cattura l’attenzione una grande montagna che si incunea come la prua di una nave nei profondi intagli delle due valli sottostanti, e termina con uno sperone aguzzo e proteso nel vuoto: il Monte Cistella (2880 m). Malgrado l’aspetto imponente che mostra da fondovalle, per via del grande dislivello, il Cistella - in realtà accessibile a buoni camminatori dall’Alpe Ciamporino, e non presenta alcuna difficoltà, a patto che la neve primaverile si sia sciolta. La presenza del Bivacco Leoni sulla spianata sotto la vetta permette, a chi volesse, di spezzare la gita in due giorni, e di godere dello straordinario panorama dell’alba dalla vetta.

Descrizione

Calzati gli scarponi, zaino in spalla, prendiamo gli impianti di risalita per Ciamporino (1990m; se si risale a piedi, per il sentiero nel bosco, questo tratto, prevedere 1h30' in più), sede del piccolo ma carino comprensorio sciistico della zona; si tratta di una bella conca di pascoli, in splendida posizione panoramica su San Domenico e sui ghiacciai del Monte Leone. Di fronte, in posizione dominante, la tozza mole del Pizzo Diei (2906m), cima “gemella” per posizione, ma quanto meno antitetica, per forma ed eleganza, al Cistella. Da qui tra l’altro possibile effettuare una splendida e rinomata traversata verso l’Alpe Veglia. Noi, però, dall’arrivo della seggiovia incominciamo a camminare nella direzione opposta, sulle piste da sci, seguendo i segnavia bianchi e rossi del sentiero F16. E' ben visibile la prima parte dell’itinerario: occorre risalire le piste fino al riconoscibile intaglio del Passo Sella (2330m, 1h00'), in posizione centrale nella conca. Da qui, piegando verso destra, si prosegue fino all’arrivo dello ski lift più elevato del comprensorio (Bocchetta dei Crosi, 2550m), lo si supera e, seguendo dapprima una carrareccia, poi un sentiero, ci si avvicina alla vasta pietraia che scende dal Pizzo Diei. Occorre prestare un po’ di attenzione alla traccia alla base della pietraia, non sempre così evidente, soprattutto in caso di neve residua (siamo a poco più di 2500 metri, ma è facile trovare neve fino a stagione inoltrata: in Val D’Ossola nevica più che in Valle d’Aosta, e a Ciamporino la neve non manca mai, tranne quando non ci pensa il vento, a trasportarla chissà dove!). In ogni caso conviene puntare, per grossi massi, verso il centro del canalone che conduce ad un’evidente depressione della cresta tra il Pizzo Diei e il Pizzo Dosso (2551m). Superata la base della pietraia la traccia diviene comunque evidente e diventa un sentierino che sale per stretti tornanti il ripido fianco sulla destra orografica del canalone. Si guadagna rapidamente quota ed il panorama, man mano che si allarga, incomincia a diventare spettacolare. Alla cima del canalone compaiono all’improvviso il Monte Rosa, in lontananza, il Weissmiess e le cime del Vallese, oltre a tutte le vette che formano il confine con la Svizzera. Si ha l’impressione di trovarsi ad una grande altezza, sebbene di fatto la quota raggiunta non sia così elevata, per via dal grande dislivello che separa dal fondovalle. Da qui si prosegue, per percorso un po’ scomodo ma in ambiente spettacolare, in un lungo traverso su pietraie, sotto alle rocce terminali del versante sud-ovest del Pizzo Diei. La traccia non è sempre evidentissima, ma si trtta in sostanza di attraversare la vasta pietraia inclinata senza salire né scendere. Il percorso non è mai esposto, ma nell’ultimo tratto occorre prestare attenzione all’eventuale presenza di ripide lingue di neve residua: voi state procedendo su un pendio poco inclinato, che però poco più in basso si trasforma in una bella scarpata! Nell’ultima parte del traverso il sentiero, tornato più marcato, prosegue per saliscendi attraversando alcuni canaloni fino ad un ultimo tratto ripido di pochi metri (può essere utile aiutarsi con le mani, ma il percorso resta elementare), in cima al quale si sbuca sul vastissimo altopiano sommitale del gruppo Diei-Cistella. La tozza cima del Pizzo Diei è ormai alle spalle, mentre di fronte, all’estremità opposta del pianoro, è finalmente visibile il cono regolare del Cistella, che in realtà, da qui, si eleva per poche decine di metri. Alla base del cono, si distingue chiaramente il bivacco Leoni (2803 m). Si scendono alcuni saltini di roccia e si prosegue puntando diritti al rifugio, senza via obbligata, per lo sterminato pianoro, dapprima in ambiente paludoso, poi per pietraie e nevai che non danno mai problemi, infine per le ultime svolte, ancora in leggera salita, che portano al bivacco. Qui noi ci siamo riposati, ristorati e abbeverati prima del breve ma ripido strappo finale: la vetta del Cistella. Il sentiero riparte ed attacca il versante sud del monte, per ripide rampe, canalini e svolte fino a sbucare, in pochi minuti, sulla cima (2880m). L’arrivo in vetta è spettacolare: ci si trova protesi nel vuoto su tre lati su quattro, la Val D’Ossola e Domodossola appaiono lontanissime, laggiù, 2600 metri più in basso, al pari della Val Formazza e dei suoi boschi bucolici. Il Colpo d’occhio sull’arco alpino, da Monte Rosa alle Alpi Lepontine, è altrettanto emozionante. Grande Cistella! Per la discesa si può affrontare lo stesso itinerario della salita oppure, se ci si è organizzati preventivamente con una seconda auto nei pressi del rifugio Crosta all’alpe Solcio (1751m, a metà dell’omonimo vallone che dal Cistella scende diretto su Varzo) si può proseguire come segue e calare direttamente su Varzo. La discesa diventa così piuttosto lunga e faticosa, ma la gita ne guadagna innegabilmente in quanto a ricchezza del paesaggio. Tornati al bivacco Leoni, anziché riattraversare il pianoro si prende il sentiero che punta nella direzione opposta, verso sud ed i ripidi pendii che sovrastano il fondovalle di Varzo. Si scende ripidamente per pietraie fino ad una vasta conca ricolma di grossi macigni. Sulla destra è facilmente distinguibile il ripido pinnacolo del Pizzo del Morto: si tratta di una falesia verticale che deve il suo sinistro nome, stando alla leggenda, al suo primo intrepido salitore che, una volta giunto in cima, si è reso conto di non saper pù scendere. Invano il disgraziato avrebbe invocato aiuto per giorni con quanto fiato aveva in gola, sperando in un aiuto dal basso. Ma i pastori che abitavano le baite sottostanti, udendo delle urla provenire dal quelle rocce sinistre, accessibili solo alle aquile, pensarono ai fantasmi della montagna e si barricarono in casa, anziché correre in aiuto dello sfortunato alpinista, le cui grida si fecero via via più flebili, fino a ridursi al silenzio. La vicenda fu chiarita qualche anno dopo, quando una cordata di alpinisti giunse nuovamente sulla vetta della montagna e vi trovò un mucchio d’ossa sbiancate dal gelo... Oggi il Pizzo del Morto presenta, per quanti fossero interessati, begli itinerari di arrampicata sportiva. Ma torniamo a noi. Giunti a questo punto occorre attraversare la scomoda e vasta pietraia puntando all’ampio e ben visibile vallone che inizia proprio ai piedi del Pizzo del Morto: si tratta del Vallone di Solcio. Giunti in cima al vallone, lo si discende sulla destra orografica per una evidente traccia, in ambiente severo e selvaggio, fino ad bella conca pianeggianta, dove si entra nel bosco e si sbuca nei pressi del rifugio Crosta. Si scende ancora per pascoli per pochi minuti fino ad incrociare la strada asfaltata.