In vetta senza scorciatoie

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massimo

Il titolo in lingua italiana non rende forse tutta la suggestione che probabilmente racchiude in versione inglese e, soprattutto, non stuzzica l'immaginario del potenziale lettore di questa fin troppo dettagliata biografia. Ma Ed Viesturs è un personaggio da scoprire, non solo perché è stato il primo americano a salire tutti i 14 ottomila (senza ossigeno artificiale), ma per la sua straordinaria capacità di coerenza con i propri principi guida e la tenacità con la quale ha perseguito i suoi obiettivi.

Il libro si apre con il racconto del suo più grave errore in montagna: sul [[K2]] si fece prendere dalla voglia di vetta a tutti i costi e rischiò di morire al rientro: «Mi sono sempre ripetuto questa frase: “Non sai di aver preso la decisione sbagliata finché questa non ti porta alla morte”. Poi appena prima che si spengano le luci, ti rendi conto dell'errore: Ops, mi ero sbagliato. Al contrario se fai dietrofront troppo presto, potresti non sapere mai se hai scelto per il meglio».
Quello di tornare a casa vivo e possibilmente integro è diventato per lui un imperativo inderogabile. Tra i suoi racconti fanno talvolta più notizia le rinunce che ha saputo fare, magari a poche centinaia di metri dalla vetta ([[Everest]], [[Shishapangma]], [[Broad Peak]], quest'ultimo a soli 90m dalla vetta). Ma altrettanta impressione lasciano i suoi ricordi delle tragedie che hanno colpito chi non aveva la sua stessa filosofia. In particolare cattura l'attenzione la sua versione dei fatti della famosa catena di morti sull'Everest nel 1996. Ed Viesturs era lassù con già il presentimento che qualcosa non andasse per il verso giusto e, non essendo parte in causa in certe decisioni sbagliate, ci fornisce ora la sua spassionata analisi dei fatti.
In altra occasione il racconto di incidenti di montagna ha per noi un significato ed un peso diverso: maggio 2005, Annapurna. Ed Viesturs, che è ormai al suo ultimo ottomila, si “aggrega” al lavoro di due spedizioni italiane, una delle quali guidata da Silvio Mondinelli. Raggiunge la vetta insieme al suo partner Veikka Gustafsson e alcuni italiani. Qualche giorno dopo è la volta della seconda spedizione di partire all'attacco della vetta. «Il secondo team italiano era capeggiato da Abele Blanc, di Aosta, e Christian Kuntner, tecnicamente italiano, ma proveniente dalla regione di lingua tedesca del Sud Tirolo, come Reinhold Messner. Entrambi avevano già scalato tredici dei quattordici ottomila: mancava solo l'[[Annapurna]]».
Le pagine che seguono sono ovviamente per noi italiani (e valdostani) un momento di intensa emozione, anche se lo stile narrativo non dà spazio ai sentimentalismi.
Come è giusto che sia, non mancano ampie parti dedicate da Ed a sua moglie Paula ed alla sua famiglia composta anche da tre bambini. Nella letteratura alpinistica moderna le figure di mogli e compagne/i hanno sempre più rilievo, a conferma del fatto che l'equilibrio di un atleta e la riuscita di un'impresa non dipendono solo da fattori fisici e/o ambientali.