Flora, fauna ed ambiente nel Parco Regionale delle Alpi Apuane

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La diversa natura delle rocce - silicee alla base e in periferia, carbonatiche nella parte centrale - produce l'alternarsi di zone a folta vegetazione con aree denudate o quasi. Dalla macchia mediterranea, che riveste la fascia pedemontana rivolta verso mare, si passa poi ai querceti e ai boschi misti a dominanza del carpino (spesso trasformati in boschi di castagno), per giungere infine alle faggete verso i mille metri di quota. Le cime più alte, lungo lo spartiacque principale e nelle diramazioni secondarie, sono pressoché spoglie di vegetazione arborea. Le rare praterie d'altitudine e, più spesso, le rupi calcaree accolgono una flora quanto mai ricca di specie di grande interesse geobotanico.

La fauna delle Apuane non annovera più i grandi mammiferi di un passato relativamente prossimo (orso, lupo, lince, cervo) ad eccezione di alcuni erbivori recentemente introdotti (mufloni, capre selvatiche, ecc.). Oggi, degni di nota rimangono alcune specie di chirotteri (che vivono nella profondità delle grotte) e, tra i roditori, la piccola arvicola delle nevi (Microtus nivalis). Il popolamento ornitico di queste montagne presenta, tra le sue particolarità, il gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax), simbolo del Parco, localizzato su alcune cime (Monte Corchia, Monte Sumbra, Monte Roccandagia), l'aquila reale (Aquila chrysaëtos), presente nel settore settentrionale della catena (Equi-Pizzo d'Uccello), nonché la pernice rossa (Alectoris rufa), la rondine montana (Hirundo rupestris), il sordone (Prunella collaris), ecc. Infine, l'erpetofauna mostra emergenze di tutto rilievo, quali la salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata), il geotritone (Hydromanthes ambrosii) e il tritone delle Apuane (Triturus alpestris apuanus).
Il problema ambientale più rilevante nelle Alpi Apuane riguarda la compatibilità delle attività estrattive con i fini di tutela e salvaguardia dell'area protetta.
Le circa 300 cave poste nell'area contigua, ai limiti del Parco, costituiscono una presenza di sicuro valore economico e storico-culturale, ma sottopongono il territorio a seri pericoli di deturpazione paesaggistica e degrado ambientale. Ciò non soltanto per le quantità di materiali estratti (ogni anno si raggiungono circa 1,5 milioni di tonnellate di lapidei e oltre 2 milioni di tonnellate di pietrisco), ma per gli effetti negativi che determinano nell'intorno, per l'inquinamento delle falde acquifere ed il traffico di mezzi pesanti.

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