Primavera, tempo di fiori

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Ritratto di Cesare
Cesare

Gruppo di Pulsatille (Valmalenco, salendo al Passo Campagneda): una bella giornata di fine Aprile. Tra la neve molti sprazzi d’erba punteggiati da fiori. Dopo aver scattato molte immagini con inquadrature più selettive e con soggetti ravvicinati, decido per un’immagine d’insieme. Gironzolo per cercare un punto con la vegetazione folta e con un bello sfondo. Questa è l’immagine che preferisco, sia per il soggetto, sia per il tipo di composizione, con l’incrocio delle diagonali e il Pizzo Moro sullo sfondo. L’obiettivo grandangolare e il diaframma chiuso ocnsentono un’ottima messa a fuoco. Ho scelto, però, di rendere le cime sullo sfondo leggermente sfocate, per far sì che l’osservatore si concentri sui fiori in primo piano.
(Nikon D 200, Sigma 15 af f 2,8; F 16; 1/125; luce ambiente)

I fiori. Quante volte si passa accanto, vicino, o anche sopra i fiori? A volte non ci si rende conto di quale bellezza rappresentino e dell’utilità che hanno nella vita e nell’ecosistema! C’è chi li ignora, chi li calpesta, chi li coglie, chi li ammira e, per fortuna, anche chi li fotografa. Fotografare un fiore è sicuramente il modo migliore per serbarne il ricordo. Ritrarre una specie particolare, o una comunissima margherita, vuol dire rendere indelebile un momento e, soprattutto, donare una sorta di vita eterna all’immagine di quel fiore che, se estirpato, morirebbe in breve tempo. La vostra ragazza, donna, moglie o amante vi chiede un fiore? portatele una bella stampa, ovviamente ben incorniciata, magari anche con un pass-partout e, sul retro, scrivetele una frase o una poesia; la natura ve ne sarà grata e anche io e tutti gli altri fotografi che potranno, così, scattare qualche bella immagine. Come? in quali luoghi e stagioni ? con quali obiettivi? A quale ora? Andiamo con ordine. Innanzitutto va ricordato che la fotografia di fiori può essere, in linea di massima, definita come fotografia di “close up”, una sorta di macro moderata. Si fotografano, infatti, soggetti piccoli, ma non piccolissimi e, difficilmente, ci si spinge ad un livello di ingrandimento eccessivo. Esistono poi specie floreali di generose dimensioni che non necessitano neanche dell’utilizzo di ottiche particolari, ma che ben si prestano ad essere fotografate anche con gli obiettivi standard, forniti a corredo delle fotocamere, oppure addirittura con le recenti compatte digitali. La fotografia di fiori, infatti, è probabilmente uno dei generi che ha tratto maggior giovamento dall’avvento del digitale.
Questo testo, però, si rivolge soprattutto a chi voglia ottenere risultati fotografici che vadano oltre la semplice foto ricordo, immagini di qualità, quindi, che necessitano impegno, costanza, un minimo di preparazione ed un’attrezzatura adeguata, a volte anche l’utilizzo del treppiede, del flash e di alcuni mini pannelli di schiarita. Il tutto, ovviamente, deve essere rapportato alla scelta del peso che si intende portare nello zaino e del tempo di marcia. Visto la tipologia del portale “IN ALTO”, mi riferirò soprattutto alla fotografia di fiori in quota. Andando con ordine, iniziamo col parlare del periodo. Negli ultimi anni, visto le bizze meteorologiche varie, non è semplicissimo stabilire un periodo preciso per la fotografia di fiori. In linea di massima, però, i mesi migliori sono, generalmente, da maggio a luglio, a seconda del clima, della quota e del momento del disgelo, tutte componenti variabili di anno in anno. Sono sufficienti, infatti, un momento di caldo improvviso o una nevicata primaverile abbondante per anticipare o ritardare il periodo di fioritura. Sovente a maggio o giugno, a bassa quota, ove è più caldo e la neve si è già disciolta, si trovano fiori presenti nel mese di luglio un po’ più in alta quota e così via. La stagione primaverile-estiva giunge, infatti, in montagna, a seconda della quota. Il primo strumento indispensabile per il fotografo di fiori è un buon manuale che descriva le varie specie botaniche, i luoghi, il periodo e le quote di fioritura. Esistono molteplici strumenti per la fotografia a distanza ravvicinata: obiettivi macro, zoom siglati macro, tubi di prolunga, soffietto, lenti addizionali, anelli d’inversione e vari flash. Non potendo scarpinare lungo i sentieri trasportando quintali di attrezzature senza l’ausilio di portatori, muli o volontari muscolosi, sarà necessario limitare il peso dell’attrezzatura all’essenziale. L’obiettivo macro è senza dubbio la scelta migliore sia per qualità che per semplicità d’uso. Costruiti per mettere a fuoco a distanza ravvicinata consentono di restituire su pellicola o sensore il soggetto anche al rapporto di 1:1 (una moneta verrà riprodotta alla sua grandezza naturale, cioè occuperà tutta la superficie della pellicola o del sensore). Pratici e di elevata qualità consentono anche di mettere a fuoco all’infinito. Possono, quindi, essere utilizzati anche come normali obiettivi. Esistono di diversa focale, in genere da 50, 105, 200 mm. Per la fotografia di fiori è ideale una focale vicina al 50 mm con un rapporto di riproduzione di 1:2. Gli zoom più moderni hanno una discreta capacità macro, alcuni sono in grado di raggiungere un livello di riproduzione interessante. Pur non ottenendo i livelli qualitativi dei “veri” macro consentono di scattare occasionalmente buone immagini e di non sobbarcarsi l’ulteriore peso di un obiettivo macro. La più grande limitazione di questi zoom è, a mio avviso, la scarsa luminosità (f 4/5,6 in genere) che rende l’immagine nel mirino piuttosto scura, creando qualche difficile nella messa a fuoco che, spesso, a distanza ravvicinata deve essere regolata manualmente. Tubi di prolunga e soffietti sfruttano il fatto secondo il quale gli obiettivi mettono a fuoco più da vicino aumentando la distanza tra ottica e piano pellicola o sensore. Frapponendo, quindi, tra reflex e obbiettivo, tubi o soffietti si diminuisce la distanza di messa a fuoco, ottenendo, così, maggior ingrandimento. I tubi sono pratici e leggeri ma non consentono di variare l’ingrandimento se non a passi fissi (a seconda del loro spessore e dell’aggiunta di un tubo sull’altro. Probabili problemi di compatibilità con le reflex digitali). Il soffietto, invece, accorciandosi e allungandosi, permette di ottenere ingrandimenti, facilmente variabili, di ogni tipo (anche 2:1, 3:1 ecc. ; il soggetto appare sulla pellicole 3 volte più grande). E’ però scomodo, ingombrante, costoso, impossibile da usare senza un solidissimo cavalletto e richiede sempre, o quasi, l’ausilio della luce artificiale. Tra l’altro, ormai, con la continua e indissolubile diffusione delle fotocamere digitali, strumenti del genere sono sempre meno utilizzati anche perché richiedono capacità tecniche e nozioni che il fotografo sembra sentire sempre meno l’esigenza di imparare (pochi soffietti mantengono le informazioni obiettivo – fotocamera. Diventa necessario calcolare l’esposizione con esposimetro esterno e scattare in stop down). Le lenti addizionali sono, invece, pratiche, comode, leggere ed economiche. Si avvitano, come un semplice filtro, sull’obiettivo, consentono però ingrandimenti moderati e qualità non proprio impeccabile a meno di non rivolgersi a modelli specifici, particolari e molto costosi. L’anello d’inversione, per finire, è sicuramente il metodo più economico per scattare fotografie ai fiori. Serve per montare l’obiettivo invertito sulla reflex perdendo, però, gli automatismi della fotocamera. In linea di massima chi intenda acquistare accessori macro si informi sempre sulla compatibilità con la propria reflex, soprattutto se digitale, e della perdita o meno della trasmissione del diaframma, dell’accoppiamento dell’esposimetro e di altre funzioni elettroniche o meccaniche. Spesso i principianti tendono a sottovalutare l’utilizzo di obiettivi grandangolari che consentono di ottenere ottime immagini ambientate, ovvero con il fiore e l’ambiente circostante, magari anche con una bella cima come sfondo. Interessante anche la possibilità di utilizzare teleobiettivi che consentono con semplicità di ottenere immagini con i fiori a fuoco e lo sfondo totalmente sfocato, in modo da far risaltare il soggetto principale; in questo caso è indispensabile l’uso del treppiede che, tra l’altro, andrebbe sempre utilizzato nella fotografia di fiori. L’illuminazione è importantissima. Personalmente non uso quasi mai il flash, anche se in alcuni casi può offrire alcuni vantaggi. La luce del sole dona, infatti, effetti più naturali e piacevoli. In montagna, poi, è così limpida e pulita che se opportunamente “ utilizzata “ consente tranquillamente di controllare le ombre. Il momento migliore per scattare è sicuramente la mattina. Oltre al tipo di luce, importante è pure la sua direzione: ottima quella bassa e laterale che dà forma e rilievo all’immagine (luce di prima mattina o illuminazione di tardo pomeriggio).Un altro effetto molto interessante è il controluce che, se opportunamente controllato, conferisce al soggetto un’atmosfera suggestiva, mettendo in risalto i profili di petali e stami. Un cartoncino bianco, posto vicino al fiore e sapientemente orientato, può essere utile per direzionare la luce del sole nella maniera che ci sembra più opportuna e schiarire così eventuali ombre. Per ottenere una elevata profondità di campo sono necessari diaframmi chiusi tipo f 11, f 16, f 22. Visti i corrispondenti tempi di posa lunghi è indispensabile il cavalletto. Meglio un modello che consenta di avvicinarsi notevolmente al suolo. Interessanti anche i modelli di treppiede detti “da tavolo”, alti una quindicina di centimetri, che consentono una visuale dei fiori piuttosto inusuale, dal basso o al loro stesso livello (ci sono diversi modelli di treppiedi da tavolo. Munitevi di un tipo robusto, in grado di reggere il peso dell’insieme, reflex più obiettivo). Chi intendesse, invece, isolare il soggetto dallo sfondo utilizzi diaframmi più aperti come f 4, f 5,6, f 8 in modo da ottenere il fiore a fuoco e il suolo sfocato. Altro problema, soprattutto utilizzando tempi lunghi, è il vento: in montagna c’è praticamente sempre e tende ad aumentare dopo le 11 circa. E’ necessario, quindi, sfruttare le prime ore della giornata e aspettare, obiettivo puntato, il momento propizio fra una folata e l’altra. Se il vento particolarmente calmo, tanto da consentirci di scattare con un paio di stop in meno, può essere utile un filtro polarizzatore in modo da saturare i colori. Sia per chi vuole ottenere il tutto nitido che per chi intenda isolare il soggetto dallo sfondo, può essere utile una reflex con il controllo della profondità di campo. Questo semplice tasto meccanico simula la chiusura del diaframma, mostrando le parti a fuoco del soggetto, dando un’idea di massima del risultato che si otterrà, anche se chi usa il digitale, in effetti, osservando il monitor può anche farne a meno. Se il soggetto è in ombra o il vento è troppo forte si possono ottenere buoni risultati utilizzando il flash che si sostituisce al sole, nel primo caso, e consente di bloccare il soggetto nel secondo. I risultati migliori si ottengono utilizzando il flash collegato alla fotocamera tramite un apposito cavetto (non con il flash sul contatto caldo della slitta). In questo modo si può orientare il fascio direzionale della luce a proprio piacimento. Sara bene utilizzare diaframmi chiusi, sia per ottenere estesa profondità di campo che per regolare la potenza del flash vicino ai suoi minimi, f 11, 16, 22 (in modo che la luce non sia troppo forte e “bruci” il soggetto: più i diaframmi sono chiusi, cioè vicini a 2,8, 4 ecc. più la luce del flash è forte e arriva lontano e viceversa). Altra importantissima nozione flash: attenzione ai tempi di posa della reflex. Supponiamo di impostare diaframma f 16 con l’automatismo a priorità di diaframmi; l’automatismo della nostra reflex imposterà, in genere, un tempo prefissato tra 1/60 e 1/250. Avremo quindi il fiore illuminato a dovere (f 16 è un diaframma chiuso per cui la luce flash arriva a pochi centimetri). Con 1/60 di tempo di posa avremo, però, lo sfondo nero. I tempi di posa, infatti, determinano in luce flash la luminosità dello sfondo. Se misuriamo l’esposizione della nostra reflex con f 16 il tempo corrispondente, a flash spento, supponiamo possa essere 1 sec. Quindi con f 16 e 1/60 del flash faremo sì che troppo poca luce naturale impressioni la pellicola (ne serve 1 sec ma noi ne diamo 1/60). Il soggetto sarà quindi illuminato dalla luce artificiale del flash (f 16 arriva a pochi centimetri quindi illumina solo il fiore ma non lo sfondo che è più lontano) ma non lo sfondo. Per far sì che luce flash, sul soggetto, e luce del sole, sullo sfondo, si equivalgano dovremo misurare l’esposizione della reflex in manuale (o con la funzione slow sync), impostando il tempo di posa idoneo, cioè quello della luce solare. Avremo così un illuminazione del soggetto con un mix, ben equilibrato, tra luce del sole e luce flash. Molto interessante può essere utilizzare il vento in maniera creativa, fotografando magari i fiori con un tempo lungo, in modo da averli mossi e sfumati, contro uno sfondo di cime, ovviamente immobili.

Contro le regole

Visto che ci muoviamo in montagna, magari durante un lungo trekking e zavorrati da uno zaino smodatamente pesante, può essere che non si abbiano a portata di mano il cavalletto, tubi di prolunga e strumenti vari (a meno che non abbiate la fortuna di girare con amici robusti e generosi o con un simpatico mulo da soma). Vediamo come ovviare alla mancanza di attrezzi specifici e come si possano comunque ottenere immagini di fiori interessanti. Quindi, per fotografare i fiori col flash, ma senza portarsi tonnellate di materiali, senza accessori o cavi: contravvenendo a tutte le regole di base, per ingrandimenti non eccessivi (1:1, 1:2) si può lasciare il flash montato sulla macchina (con sempre impostato il TTL). Si imposta la reflex in manuale o in slow sync (automatismo mediante il quale la reflex imposta tempi di sincronizzazione lenti), utilizzando un diaframma molto chiuso f 16, 22. Si imposta sul flash la copertura grandangolare o un diffusore (in modo da allargare il fascio di luce e, di conseguenza, diminuirne la potenza), senza modificare la posizione della parabola. Il risultato finale sarà una buona immagine, con il fiore correttamente esposto e lo sfondo ben visibile. Ciò è possibile perché, vista la vicinanza del soggetto e l’orientamento della parabola, il fascio di luce centrale, più forte e potente, andrà a illuminare lo sfondo che è più lontano, mentre il fascio marginale inferiore, più debole, illuminerà il soggetto in primo piano. Quindi, meno potenza per il fiore, che è però più vicino, e più potenza per lo sfondo, che è più lontano. Il risultato finale sarà un’illuminazione uniforme per primo piano e sfondo. Chi possiede, inoltre, un flash con controllo manuale della potenza (consente di diminuirla a passi prefissati) può effettuare una serie di scatti variandone l’intensità di luce e scegliere il risultato che gli è più gradito. Scattando in digitale, consiglio vivamente di aspettare a cancellare i file che sembrano non corretti e di verificare a casa, con calma, davanti al monitor del computer, più grande ed efficace e, soprattutto, non influenzabile dalla luce ambiente che, essendo in montagna molto intensa, spesso tende ad influenzare il nostro giudizio.

“Pulsatilla in controluce” (Valtournenche, salendo al Rifugio Duca degli Abruzzi): stesso fiore dell’immagine precedente. Un “ritratto singolo”, però, in modo da mostrarvi la differenza con lo scatto d’apertura. Le caratteristiche di questa foto sono l’utilizzo di un teleobiettivo piuttosto lungo (300 mm) e il controluce. Ero in cerca di marmotte e non avevo il macro. Ho utilizzato, quindi, il 300, scegliendo un diaframma piuttosto chiuso (f 11), in modo da avere a fuoco il fiore e sfocare comunque lo sfondo. Ho scattato sdraiato a terra, appoggiando l’obiettivo alla giacca. Il controluce evidenzia le forme del fiore. Ho scattato 3 immagini, variando l’esposizione di mezzo stop, in modo che il controluce non rendesse troppo scuro il soggetto.
(Nikon F 5, Nikkor 300 af f 4; Elite 100; luce ambiente)

“Alle falde del Leone” (Alpe Veglia) Mese di Giugno. Troppo vento per fotografare qualsiasi fiore. Scenario e inquadrature erano, però, ottimi. Ho scelto di “sfruttare” gli elementi e l’effetto mosso dei fiori, piazzando la reflex sul treppiede e regolando lo zoom su 24 mm. Ho scelto un diaframma molto chiuso, in modo da avere il conseguente tempo lungo e sfruttare l’effetto del vento e avere a fuoco il Monte Leone.
(Nikon F 5, Nikkor 20-35 af 2,8; Velvia; treppiede)

“Petunia” (foto nel giardino di casa): Ma come? un sito che si chiama In Alto! , una rubrica di fotografa in montagna e tu ci fai vedere una foto scattata in giardino? ... E si… in giardino. Il giardino è una buona palestra d’allenamento, soprattutto adesso che col digitale si possono vedere subito gli scatti. Chi deve imparare ad usare tempi, diaframmi e diavolerie simili, può “allenarsi” e sbagliare a casa, invece di fallire miseramente lo scatto alla stella alpina tanto agognata! Ho scelto un diaframma aperto per sfocare lo sfondo e avere a fuoco solo una delle gocce. Un diaframma molto chiuso avrebbe radicalmente cambiato il tipo di immagine.
(Nikon D 100, Nikkor 60 af f 2,8 macro; f 4,5; 1/350; luce ambiente)